domenica 4 maggio 2008

Per non smettere di combattere

Qualche giorno fa mi ritrovo a leggere un brano su un'antologia di una ragazzina di terza media e a discutere di libertà e di politica con una tredicenne ed è un'esperienza che auguro a tutti perché arricchente e divertente allo stesso tempo!Ma mi ha anche molto colpito il brano che l'insegnate le aveva dato da leggere e commentare ovvero il "Discorso agli studenti milanesi" di Pietro Calamandrei del 1955 . Ne riporto solo un piccolo brano però vale la pena leggerlo tutto perché magari risveglia un po' le coscienze in un momento in cui sembra esserci poco politicamente in cui credere.Sarò forse troppo ripetitiva?![...] «La politica è una brutta cosa. Che me n’importa della politica?». Quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda ad un marinaio: «Ma siamo in pericolo?» E questo dice: «Se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda». Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno. Dice: «Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare il bastimento affonda». Quello dice: «Che me ne importa? Unn’è mica mio!». Questo è l’indifferentismo alla politica. È così bello, è così comodo! è vero? è così comodo! La libertà c’è, si vive in regime di libertà. C’è altre cose da fare che interessarsi alla politica! Eh, lo so anche io, ci sono… Il mondo è così bello vero? Ci sono tante belle cose da vedere, da godere, oltre che occuparsi della politica! E la politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. [...]

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