venerdì 20 giugno 2008

Un brutt'applauso

Ebbene si sono una fan di Gramellini!Trovo che i suoi articoli rappresentino, almeno spero, il pensiero di molti, o comunque sono sempre fonte di riflessione.


Dei tre minuti di silenzio osservati dai cinesi per le vittime del terremoto colpiva soprattutto una cosa: il silenzio. Nelle immagini televisive nulla sembrava poter distogliere dal loro rigore quei corpi immobili e quelle labbra serrate. Un miliardo e trecentomila persone capaci di tenere la bocca chiusa e le mani ferme per tre minuti (il totale fa 7415 anni di silenzio: praticamente un´era glaciale). Il confronto con i funerali della ragazza di Niscemi assassinata dai coetanei non avrebbe potuto essere più deprimente. Applausi scroscianti alla bara, persino durante l´esecuzione del «Silenzio» da parte di un trombettiere.
L´applauso in chiesa o durante le commemorazioni negli stadi è un segnale drammatico di decadenza, tanto più perché pochi sembrano darvi peso. E´ figlio della maleducazione televisiva ed esprime l´ansia di riempire un vuoto. Nelle civiltà in declino ha perso il significato originario di approvazione ed è diventato il modo di comunicare agli altri la propria esistenza. Si applaudono i morti per sentirsi vivi, senza esserlo davvero: solo dei morti viventi, infatti, possono avere tanta paura del silenzio, che li costringe a sintonizzarsi con la parte più profonda di se stessi. Ma il ribaltamento degli impulsi naturali ha trasformato il silenzio in un segnale di freddezza e l´applauso in una forma di partecipazione. I cinesi cominceranno a perdere colpi il giorno in cui scopriranno che muovere le mani e la bocca è un ottimo sistema per mettere a tacere il cuore".

Massimo Gramellini, Un brutt'applauso La stampa 21 maggio 2008

1 commento:

Vi ha detto...

Sarà che non amo il rumore.Sarà che non amo la platealità sarà che credo che molto spesso si tenda a spettacolarizzare il dolore...per tutti questi "sarà" non condivido l'applauso.